Padre Gaetano Farina

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La mattina 29 giugno, solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, si è addormentato nel Signore il carissimo don Gaetano Farina dopo un lungo e doloroso periodo di malattia. Se ne va un grande uomo ed un santo sacerdote che nella sua vita ha sempre operato per la salvezza delle anime: anime di anziani che cercavano conforto nelle difficoltà della loro età, anime di persone mature che avevano bisogno di incoraggiamento per affrontare i problemi della vita e, soprattutto, anime di giovani che, smarriti o distratti, avevano perso la via. Per tutti aveva sempre una parola buona, un sorriso e un buon consiglio.

Non è per me, certo, cosa facile descrivere un uomo come padre Tano, un sacerdote che è stato una valanga di scienza, di bontà e di simpatia. E come una valanga lui ti avvolgeva e faceva emergere tutto il meglio che c’è in ognuno di noi. Padre Gaetano Farina è nato a Sant’Agata di Militello il 7 novembre del 1948 da una famiglia cristiana e trascorse la sua infanzia tra le vie del borgo marinaro. Nei primi anni della sua giovinezza espresse il desiderio di diventare sacerdote, ma dovette rimandare di parecchio la realizzazione di questo suo disegno.Terminati gli studi liceali, si iscrisse all’ università, conseguendo la laurea in Storia e Filosofia, che era la più vicina alle sue reali inclinazioni. In tutte le sue indimenticabili omelie, infatti, riaffiorava l’eco di questi suoi studi: c’era sempre un accenno alla filosofia, al pensiero di grandi studiosi, alla storia con le sue vicende, ai grandi autori della letteratura e soprattutto della poesia, che lui amava più di tutto. Non a caso non mancava di scrivere lui stesso delle poesie che ogni tanto utilizzava per la predicazione, fingendo, per senso di umiltà, di avere dimenticato il nome dell’autore. Quando ricorreva la festa di un santo, io ero sempre contento perché aspettavo con ansia le prediche che dovevano sottolineare tali occasioni. Quando, infatti, saliva all’ambone, sembrava che non fosse più lui a parlare, ma che il santo stesso raccontasse la sua vita, tanta era la passione che metteva nel descrivere le vicende. Subito dopo la laurea, cominciò ad insegnare e, siccome nel nostro sud è quanto mai difficile trovare un posto fisso, fu così che si trasferì a Torino, dove insegnò le sue materie per tanti anni. Nella città piemontese approfondì e amò di più la spiritualità di Don Bosco, che aveva già conosciuto a Sant’Agata, dove i salesiani hanno prodotto nel tempo numerosi frutti di vita e di bontà. Da Don Bosco imparò l’amore per i giovani e impostò il suo futuro sacerdozio dedicando molto tempo ad aiutarli ed a farli crescere negli oratori che realizzò nelle parrocchie in cui prestò servizio. In età già matura, infatti, padre Tano entrò finalmente in seminario a Patti, e, perseverando come San Giovanni Maria Vianney, fu ordinato sacerdote da mons. Carmelo Ferraro l’11 febbraio 1982, riuscendo così a coronare quel pio desiderio di poter un giorno salire all’ altare e celebrare la Messa per il Signore che lo aveva chiamato fin dall’ infanzia. Da qui iniziò il suo breve, ma intensissimo cammino pastorale. Fu vice parroco a Castell’Umberto e Gioiosa Marea e parroco a Caronia Marina e Mistretta nella parrocchia di Santa Caterina.

In queste sedi, seminando la parola di Dio e raccogliendo, come un buon servitore della vigna, numerose conversioni, compì sempre e senza risparmiarsi il suo dovere di sacerdote e di pastore di anime. Nel 2004 dovette abbandonare la sua parrocchia a causa del suo stato di salute che, aggravandosi, gli provocava complicazioni sempre più serie. Ritiratosi a Sant’ Agata, a causa proprio della malattia, frequentò la parrocchia di Santa Lucia, diventando in poco tempo il più valido aiuto del parroco Don Gaetano Franchina, e facendosi amare dai parrocchiani e dai giovani che, grazie a lui, si avvicinavano sempre di più alla parrocchia. Aveva un modo di fare sempre cordiale e ai giovani che facevano difficoltà a confessarsi diceva: “Confessati , che per ora ci sono gli sconti…!!”. Anche nella sua abitazione organizzava una specie di oratorio con un gruppo di ragazzi che si incontravano da lui o per guardare la partita (infatti, come tutti sappiamo, era un grande tifoso della Juventus) o per vedere un film. Fu in parrocchia che io lo conobbi e rimasi subito affascinato dal modo bello di predicare, semplice e complesso allo stesso tempo, e rimasi anche colpito dal fatto che, quando celebrava la Messa, voleva solo me per aiutarlo. Si fidava di me e mi dava, senza alcun mio merito, talmente importanza che quando sembrava distrarsi, a causa della malattia che spesso gli giocava brutti scherzi, mi chiedeva scusa con una umiltà non comune. Mi ha dato tanti insegnamenti e, quando non poteva uscire più, ma io andavo comunque a trovarlo, lui mi diceva sempre: “Non fari siddiare u parrucu” e, quando gli raccontavo dei miei successi universitari, lui si rallegrava e, scherzando, mi diceva : ”…monsignuri , io l’aiu sempri dittu chi si’ un pezzu grossu, ma soprattutto di panza”. Sono certo che tanti hanno ricordi, come me, legati ad una figura, che ha saputo lasciare memoria di sé in un mondo che dimentica velocemente tutto e tutti. Ora che lui ha oltrepassato quel “muro d’ombra” di ungarettiana memoria, ci sentiamo un po’ più tristi e un pò più soli. Indirizzo, con l’ affetto di sempre, questo mio ricordo ai suoi familiari, ai quali sono vicino.

Francesco De Luca

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